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Lost: tutto è perduto?

Mi perdonino i fan più accaniti di Lost, ma un po’ lo ero anch’io, e vedere ieri la terza stagione doppiata in italiano su Rai Due, mi ha davvero dato un dispiacere. Domani il pezzo completo su l’Opinione.

Lost è ripreso anche su Rai Due (dopo che Fox Italia, sul satellite, ne trasmette la terza stagione dal 1° di ottobre), e si è avverato tutto quello che ce ne era stato maldestramente anticipato – da siti, amici, giornalisti, o da gente che, pur essendo tutte e tre le cose contemporaneamente, trova comunque il tempo di “spoilerare” (tremendo anglismo per dire “rovinare sorprese riguardo a sviluppi di trame di cui si sa già quasi tutto comunque”) – privandoci dunque del piacere di scoprire da soli quanto questa edizione sia ancora peggiore della seconda.

La pigra autoreferenzialità e il cieco manierismo, ormai, dominano un intreccio che, nella prima serie, aveva promesso tanto agli spettatori, anche in termini di un certo realismo. E aveva avuto un tale successo di ascolti che era stato visto e riconosciuto “esempio di perfetto realismo” perfino da spettatori sintonizzati sulle isole deserte più vicine a quella utilizzata per il set.

[…]

Oggi, tutto si ripete, pur complicandosi all’infinito, e il motivo per cui speriamo che lo stesso tutto finisca il prima possibile è diametralmente opposto a quello di qualche anno fa: non perché siamo curiosi, ma perché insofferenti.
Dove nella prima gloriosa stagione ogni cosa era rigore e precisione, anche i misteri e il non-detto, oggi è solo incertezza tangibile non solo del pubblico, ma evidentemente anche degli sceneggiatori. Anche quello che avremmo dovuto indovinare o supporre era creato con la stessa accuratezza della storia, mentre si sviluppava, come se una contro-trama, fatta di reticenze e allusioni, potesse correre insieme a quella visibile (almeno, nell’immaginazione degli spettatori abbastanza medio-alti da non aspettare la puntata in cui Kate sarebbe misteriosamente apparsa con il seno rifatto, cosa che non è poi avvenuta concretamente).

La vecchia allegoria dell’umanità che si deve guardare tanto dagli apparentemente cattivi, quando dai chiaramente buoni (vecchia e affascinante almeno quanto le leggende popolari che ispirarono il librettista del Flauto Magico di Mozart) – perché gli ultimi saranno i primi, i buoni possono incattivirsi, e soprattutto non c’è più religione – forse non funziona più per Lost che, certo, avrà infranto molti schemi nel comporre una trama di serial (multi-narrazione, multi-livello), ma anche le pazienze di un pubblico che la venerava. Con l’esclusione, naturalmente, dei fan più hard-core: almeno tutti quelli che si fanno chiamare Losties nei vari forum web, in cui confutano il peggioramento della serie con argomentazioni fantasy, citando il riscaldamento globale o la fuga di cervelli dall’Italia. […]


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